È la volta di Andrea De Franco.
Parlaci un po’ di te.
Ciao e grazie per l’intervista. Sono Andrea e ho al momento 24 anni, vengo da un paese a metà strada tra Salento e Valle d’Itria. Mi sono da poco diplomato in grafica e ora forse lavorerò forse riprenderò a studiare, nel frattempo continuo ad occuparmi di quello che mi piace, disegnare disegni, suonare musica e scattare fotografie.
Perché hai scelto la fotografia analogica?
È colpa del mio amico Antonio che mi ha regalato la prima macchina, spiegato cos’è un diaframma e come si costruisce una camera oscura. Per i 18 anni gli amici mi hanno regalato una lomo. All’inizio ero semplicemente affascinato dalla pellicola, poi mi sono interessato sempre più alle sue peculiarità e metodologie. Iniziare a lavorare in camera oscura è stato essenziale.
Cosa ti piace fotografare?
Più vado avanti e più mi muovo in maniera polare, da una parte mi interessa molto documentare la realtà topografica in cui vivo ed i suoi contrasti e stranezze: industria/natura, abbandono/recupero eccetera; mi sembra una lettura molto interessante della realtà, per niente riduttiva e ricca di possibilità anche nel creare immagini interessanti. Dall’altra parte mi piace indagare il ritratto femminile. Per quanto riguarda questa ricerca, non mi ritengo mosso da idee particolarmente poetiche: fotografo le ragazze perché sono un ragazzo eterosessuale e mi attraggono in maniera istintiva (e anche così si possono realizzare immagini interessanti).
Quali sono le tue macchine fotografiche?
Una compatta da taschino, una reflex meccanica, una biottica giapponese e da pochi giorni una Linhof. Ho avuto i miei momenti di feticismo fotografico ma me la sono fatta passare (a parte quella appena comprata che è stata una sbandata) semplicemente perché la macchina è un pezzo molto piccolo della foto, invece sulle fotocamere si finisce a spendere troppi soldi, energie e tempo che potrebbero essere spesi in maniera più proficua. So che se voglio ottenere certi risultati devo avere un certo tipo di apparecchiatura, ma preferisco pensarci una volta, decidere, fare il colpo grosso e poi dire: bene, vediamo che possiamo combinare ora. Inoltre a volte mi è capitato di aver ragionato bene sulla fotocamera ma di essermi completamente fregato con il resto del materiale, ad esempio la pellicola. È spesso più importante scegliere la pellicola della macchina – ed anche controllare lo sviluppo secondo le esigenze. Anche avere paraluce (sempre) e cavalletto (a volte). Cerco di non affezionarmi, se col tempo non avrò più bisogno di qualche macchina, la regalerò ad amici o la venderò, come è già successo.
La fotografia che ti piacerebbe fare.
Ora avverto il bisogno di lavorare di più in senso progettuale ed editoriale rispetto a prima. Il mio studio sulle ferrovie sud-est ad esempio potrebbe trasformarsi presto in un vero progetto collettivo. Recentemente con amici ho scoperto un posto molto particolare che merita uno studio approfondito e progettato. Trovo che sia molto interessante e stimolante che questa fotografia abbia il potere di unire valore estetico e documentario, c’è da lavorarci.
Sul piano del ritratto femminile e/o erotico, sto cercando sempre più di ‘asciugare’ l’immagine, renderla da una parte grafica, efficace a livello compositivo, dall’altro anche diretta, meno estetizzante o pretenziosa. Cerco di sperimentare una personale divergenza ed espressività dal/nel cliché del “ragazza carina/pochi vestiti/sguardo languido”.
Hai un fotografo preferito?
I miei amici Antonio, Gabriele e Daniele mi hanno insegnato tantissimo e sono tutti e tre bravissimi. Mi piacciono molto e sono stati di forte ispirazione per me anche Mark Peckmezian, Alexey Dubinsky,Claudia Moroni, Can Dağarslani, i ragazzi del collettivo Luoghi Comuni, Paula Aparicio, Daniele Pilenga, Ylenia Arca, Ériver Hijano, Yura Kurnosov, Daniele Bugamelli, Marija Strajnic, Efes, Francesco Brivio, Sverrir Thorolfsson, Thomas Albdorf… tra i “grandi” mi preme nominare solo Gabriele Basilico, Andreas Feininger e Brassaï. Amo molto anche il lato scientifico e documentario della fotografia, quello non fatto da autori ma da ricercatori, esploratori, geografi; su internet si trovano tantissimi archivi di musei, biblioteche ed enti scientifici in cui ravanare gioiosamente. Ultimamente ho ripescato delle foto a colori da una delle spedizioni di Shackleton nell’Antartide ad inizio ‘900, una bomba.
Una bella foto deve…
Boh? Non ho un’idea sufficientemente definita di “bella”; ritengo che la fotografia sia affascinante perché non è tanto meccanica come può sembrare, è in grado di creare relazioni inaspettate, rivelarci aspetti interessanti della realtà (o della mancanza della medesima), quindi più che dovere preferisco concentrarmi sul verbo potere. Le possibilità sono infinite, e penso di avere ancora parecchio da capire e molte occasioni per divertirmi nel mio futuro.
Sito web: flickr/hybri5 | andreadefra.tumblr.com
Email: [email protected]
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