Magnum. A molti questa parola suonerà più che familiare, a molti altri non così tanto.
Per questo noi di Iso400 abbiamo pensato di istituire una nuova rubrica che vi porti alla scoperta dei fotografi entrati a far parte della illustre agenzia fotografica.
Quindi oggi parleremo di Robert Ca… ah no ho sbagliato, volevo dire Henri Cartier-Br… ah no, nemmeno di lui.
Banalità è una parola che non entra nel mio/nostro vocabolario, per cui Bruno Barbey mi è sembrato il migliore con cui iniziare.
Classe 1941. Nato in Marocco, dove ha vissuto fino all’età di 12 anni, ma che nel corso del tempo continuerà a visitare e fotografare.
Da poco ventenne si innamora dell’Italia, che girerà a bordo di una vecchia Volkswagen.
Anche nel Bel Paese, così come in Marocco, tornerà più volte, ogni viaggio sarà dedicato a una singola regione che, con dedizione, amore e pazienza, documenterà, cogliendone in modo egregio ogni più disparato aspetto.
Questa serie di viaggi terminerà nel 1964 e darà vita a Les Italiens, un progetto editoriale curato da Robert Delpire che, per impostazione, si può tranquillamente accostare ai più celebri Les Américans di Robert Frank e Les Allemands di René Burri.
Nel ’65 Barbey si avvicina a Magnum e nel ’68 ne diventa membro effettivo, entrando, come lui stesso dice, nel “ciclone del fotogiornalismo”.
Ma l’etichetta del fotoreporter proprio non gli si addice e guardando le sue foto, che siano quelle scattate in Giordania, Palestina, Vietnam, Cambogia o quelle realizzate durante la Guerra del Golfo, traspare un’infinita umanità. Nonostante abbia lavorato spesso in situazioni a dir poco disumane è riuscito a trarne giovamento, a dire sempre la sua.
I suoi lavori non sono i classici scatti da fotoreporter, c’è sempre un tocco personale.
Questo lo si può notare nella foto scattata in Irlanda del Nord in cui un soldato britannico, nascosto dietro un’auto incendiata e nel bel mezzo di uno scenario di guerriglia, parla ad un bambino del posto; oppure in un’immagine realizzata nel 1968 durante le rivolte studentesche parigine.
Insomma, potrei andare avanti per ore.
Questa era una breve infarinatura su Bruno Barbey, ora tocca a voi documentarvi ulteriormente e a nutrire i vostri occhi.
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