Inauguriamo la rubrica oggi, con Palermo, città del profondo sud, che scalpita fra bellezza infinita e profondo orrore. Un ossimoro all’italiana, come tanti ormai. Il sentimento di chi la vive è quel dolceamaro che attrae e repelle e non si riesce a farne a meno.
Le foto ed il bellissimo testo che segue sono di Giuseppe Zappalà. Non ho altro da aggiungere…
“Palermo è un’ostrica.
Esternamente brutta, dura, coriacea, poco invitante.
Internamente molle, come un ventre.
Palermo è un ventre molle, come un’iconografia cronenberghiana.
Repellente e disgustosa, plasmatasi nel corso di infiniti secoli come un abito su misura, sulla misura di chi possiede il gusto del macabro.
Palermo è una nana. Ti fa schifo, ti fa pena, ti fa compassione, ma qualcosa in lei ti attrae e ti costringe a guardarla almeno per un attimo, anche se solo con un occhio attraverso le dita della mano. I migliori nani della nostra vita … li dobbiamo a Ciprì e Maresco che a loro volta li devono a Palermo.
Palermo è un freak, un fenomeno da baraccone. Hai pagato per vederlo, per additarlo, per deriderlo.
Non ci vivresti mai a Palermo, ci vuole coraggio per vivere qui.
Perché qui muori, o sul serio, fisicamente o muori simbolicamente, nell’anima. Ma non lasciare mai che sia qualcun altro a ucciderti, precedilo, ammazzati da te. Ammazza te stesso se vuoi sopravvivere a Palermo, dopo che l’hai fatto vivila da estraneo. Rinnègati e rigènerati.
Palermo è un mostro, nell’accezione originale latina. Qualcosa che si manifesta improvvisamente ed è straordinario, divino, ammonimento e avvertimento per l’uomo. E’ un memento mori perenne. Il senso della morte a Palermo è costante, qui lo hai nel sangue, tramandato di generazione in generazione senza dire o fare nulla. Se non lo avverti con precisione sicuramente lo percepisci. Non ti indottrina nessuno, non ce n’è bisogno, basta semplicemente guardarsi intorno.
Palermo è un continuo segnale. Se impari a leggere i segnali, gli avvertimenti (ogni cosa ti mette in guardia), le occhiate, i gesti, gli atteggiamenti, le “mode”, se impari puoi vivere.
Palermo è amatissima da Wim Wenders e David Lynch, ogni tanto ci vengono a trovare come fossero lontani parenti (però non abitano qui, vorrei chiedergli come mai). E’ amatissima anche da Biagio Conte, il frate che di recente è stato visto abbandonare la città mentre con una croce in spalla percorreva a piedi la circonvallazione per ritirarsi in eremitaggio sui monti. Più che un ritiro un ostracismo camuffato. Una scena da film di Jodorowsky, tale e quale.
Palermo vive di paradossi e contraddizioni, è una città di facciata, ma di facciata al contrario, la parte bella è rivolta verso l’interno, per il godimento di pochi eletti. A tutti gli altri restano il Trionfo della Morte di Palazzo Abatellis e gli scheletri mummificati nelle catacombe sui quali meditare.
Palermo la ami o la odi … no, non è così.
Palermo la ami E la odi.
Se la ami senza odiarla o se la odi senza amarla, non hai capito niente di Palermo. Da Palermo devi andar via.
Palermo è un’ostrica…
… e dentro c’è una perla”.
Giuseppe Zappalà:
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