Oggi parliamo di Milano. La città più europea della nostra penisola, così nevrotica, veloce, mondana…
Eppure così intimamente italiana! Basta girare un angolo per ritrovarsi d’improvviso in un mondo più lento, silenzioso e caldo, più accogliente. Lontano dagli intellettualismi e anche dalla superficialità che sembra ormai il suo tratto caratteristico per antonomasia, in un mondo che tanto ama semplificare. Milano la si ama e la si odia, contemporaneamente, proprio come ogni città in cui ci si ritrovi a vivere la propria vita di tutti i giorni, una vita distante dalle rotte e dalle attrattive turistiche. Chi la vive sa come fare per fuggire dal grigio e dalla folla. Gustiamoci, quindi, una Milano diversa, colorata, con le foto e il bellissimo testo di Roberta Imbrò.
“Squilla la sveglia, dò un’occhiata veloce dalla finestra di fronte il letto, fuori è ancora buio e OVVIAMENTE piove.
Ma è normale, è Milano.
Giusto il tempo di un buon caffè casalingo che mi trovo scaraventata per strada a camminare a passo più che svelto per raggiungere la fermata del tram. Sono in ritardo. Intorno a me c’è un gran via vai, tutti corrono, suonano i clacson e imprecano, rigorosamente sotto la piogga costante. Ma è normale, è Milano.
Prendo il tram al volo (nel vero senso della parola), ringrazio l’autista per avermi aspettato e ricevo in risposta uno sguardo di odio misto a frustrazione. Cerco un posto a sedere, non lo trovo. Percorro il corridoio del tram per andarmi a posizionare davanti le finestre in fondo, almeno mi godo un po’ il panorama. I posti sono tutti occupati da persone di ogni tipo, età e nazionalità, ma tutti fanno la stessa cosa: hanno la testa china su i loro schermi LCD: colorati, luminosi e divertenti. Qualcuno ogni tanto sorride tra se e se. Bello, penso. Intanto guardo fuori. Piove. Ovvio, è Milano.
Manca un’ora prima che io arrivi a lavoro, per cui mi eclisso guardando la città che scorre:
Qui tutto è smart, easy, fast, slim, per fare due chicchere devi organizzare un briefing, per bere una birra devi fare un happy hour (che di happy ha ben poco, lo assicuro)….insomma una città che si maschera da ciò che non è.
Nel frattempo la sciura sclera con l’extracomunitario (o extraregionale che sia), i fiumi esondano esattamente come nel resto della penisola ,creando danni che vengono sminuiti perché…cazzo zio, è normale, è Milano.
In strada continuano a correre tutti come formiche impazzite, uomini sui 30 in giacca e cravatta, con l’immancabile valigetta, girovagano apparentemente senza una meta come comparse di videogiochi, così come le donnine supergriffate, supertruccate, superpettinate, saltellano qua e là con il telefonino all’orecchio. Tutti belli e produttivi. Come Milano comanda.
Decido di scendere dal tram qualche fermata prima della mia meta, così per fare due passi e perché no, rubare qualche scatto. Mi rendo conto che osservando attentamente è possibile andare oltre i milioni di cartelloni pubblicitari posti in ogni dove (pure sulla Cattedrale), i damerini, le donnine alla moda, i ragazzi che discutono su che “outfit” mettere per l’happy hour di stasera, il caos, la metro affollata con 45° percepiti (sia estate che inverno), i designer emergenti, gli artisti emergenti, i grafici emergenti, i fotografi emergenti, gli stilisti emergenti, gli architetti emergenti…oltre tutto questo è possibile intravedere la città. Fatta di gente che lavora (veramente intendo), di centri sociali, di colori e non solo di grigio, di fauna locale, di musica e di tradizioni ITALIANE. E a volte anche di giornate di sole.
Perché in fondo, anche se si traveste da “European city”, Milano resta sempre Milano.
E io l’adoro”.
Per conoscere meglio Roberta Imbrò:
flickr/robertaimbrò
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