È la volta di Guido Tosi.
Parlaci un po’ di te.
Vivo male a Milano ma alla fine a noi milanesi piace vivere male, fa parte del personaggio.
Ho la camera oscura nello sgabuzzino e il mio coinquilino si lamenta del macello che lascio in bagno e che uso i chimici per il colore e le diapositive in cucina vicino ai piatti che asciugano. Moriremo lentamente di avvelenamento da chimici. Suono in un gruppo di cui temo non sentirete mai parlare ma facciamo la bella musica.
Perché hai scelto la fotografia analogica?
Data l’età, il mio primo contatto con la fotografia è stata la pellicola, la mia prima macchina una 110 della fisher price. A 20 anni ho ereditato la mia prima reflex a pellicola, una dynax minolta, con cui ho fatto i primi scatti “ragionati”, ma eravamo già nella fase in cui le macchine potevano praticamente scattare da sole, quindi il passaggio al digitale mi sembrò poco traumatico e naturale. Il digitale dopo 3 o 4 anni iniziò a stomacarmi, le foto erano tutte uguali, piatte, e senza personalità. La cosa peggiore è stata quando mi sono accorto di non saperne nulla di tecnica, prendendo in mano la vecchia minolta srt101 di mio padre. Ero un analfabeta. Così mi sono buttato completamente sulla pellicola.
La fotografia analogica, con i suoi tempi ragionati, la scelta delle accoppiate, delle pellicole, dei filtri, ecc, ti permette, soprattutto attraverso gli errori commessi, di imparare davvero a concepire una foto come la vuoi tu e realizzarla. Quando poi ho iniziato a sviluppare tutto da solo, mi si è aperto un mondo di possibilità infinite.
Cosa ti piace fotografare?
Le cose che naufragano, gente che si è persa, tutto quello che finisce male.
Quali sono le tue macchine fotografiche?
Ho imparato da un fotografo e blogger inglese, Tony Kemplen, che ogni macchina ha la sua dignità, e ogni macchina ti insegna qualcosa. Così, anche come sfida personale, utilizzo almeno una volta ogni macchina che mi capita sottomano, da quelle prese nei mercatini all’hasselblad. Ribobino da solo i 127, i 110, i 126, le cartucce della isorapid, ho scattato anche disc film. Per scelta non esco mai di casa senza una macchina fotografica.
I miei feticci sono una Rolleicord comprata a Lisbona facendo credere al tizio che me la vendeva che fosse rotta (risparmiando 150 euri), e che mi porto sempre in viaggio, e la minolta srt101 di mio padre, con cui ho imparato tantissimo, ma che ora pensionerò per una Nikon F3, una macchina da battaglia perfetta, che consiglio a tutti.
Se posso dare un consiglio a Iso400, dovreste chiedere anche “che pellicola usi?”.
Per quanto ci sforziamo, l’analogico vero sta morendo lentamente. Ci sono delle pellicole bellissime che stanno scomparendo e credo sia nostro compito parlarne e scambiarci informazioni su come sfruttarle al meglio, finchè se ne troveranno. Per quanto possa sembrare esagerato, ogni volta che scattiamo una vecchia pellicola stiamo facendo un piccolo funerale, quella possibilità non tornerà più, o sempre più raramente. Il concetto che usare vecchie pellicole è “lomografia” e quindi “come viene, viene” è controproducente e sbagliato, a mio avviso. Siamo gli ultimi fortunati ad avere accesso a certe cose belle che non torneranno più, pensateci, infromatevi sulla pellicola che state usando e tiratene fuori il meglio.
La fotografia che ti piacerebbe fare.
Mi piacerebbe riuscire a fare anche solo la metà delle cose che ho in mente, ma a volte concepisco cose troppo difficili. Mi sto avvicinando al mondo delle emulsioni liquide e ho una serie di idee in testa che si complicano di problemi tecnici ogni giorno. Vorrei anche rimettere in funzione un sistema palette della polaroid che ho comprato, per passare dal digitale all’analogico.
Hai un fotografo preferito?
Cerco di guardare meno foto possibile di autori famosi, perchè primo mi deprimo e vorrei buttare via tutto, secondo mi accorgo che mi influenzano troppo.
In tal senso, Giacomelli e Frank sono fonte di grande frustrazione personale.
Una bella foto deve…
Rendermi soddisfatto di me stesso, devo poterla riguardare anni dopo ed essere contento di aver fatto quelle scelte in quel momento.
Spesso sento dire che la foto non la fa la macchina ma il fotografo. A mio avviso in una fotografia ci sono: composizione, macchina utilizzata, tipo di pellicola e come la sviluppi (lo sviluppo della pellicola è un momento fondamentale e fortemente sottovalutato) e come la stampi (ormai non si stampa più nulla ma se mai avete provato a stampare saprete benissimo che è come scattare una seconda volta la fotografia); poi ci aggiungo, alla fine, la sensibilità di chi fa la foto e il fattore culo (trovarsi nel momento giusto nel posto giusto).
Una bella foto deve dare godimento a chi l’ha scattata, ossia che deve raggiungere ciò che voglio ottenere, sia che io usi una diana con una pellicola scaduta e la sviluppi male, sia che io usi una hasselblad con una efke e uno sviluppo che mi costa 12 euro per 200cc. Se il risultato mi soddisfa, il mezzo passa in secondo piano.
L’importante è essere felici di quello che facciamo, gli altri si possono anche inculare, no?
Sito web: flickr/MaxMiedinger
Email: [email protected]
Leave a reply
[…] Gates Films è una realtà milanese nata dalla passione di due giovani fotografi amatori, Marco e Guido, che hanno iniziato a fare test su pellicole rare o dimenticate, e Lorenzo, un grafico che, […]
[…] e articolo di Guido Tosi […]