È la volta di Iacopo Pasqui e Luca Marianaccio e del loro progetto “OBLIVIUM”.
Raccontateci un po’ di voi.
I.P. Io sono Iacopo e sono nato a Firenze nel 1984. Da tanti anni però vivo a Pescara, in Abruzzo, territorio che ho iniziato a conoscere e ad apprezzare proprio grazie alla fotografia. Ho studiato scienze giuridiche e poi scienze della comunicazione. Dal 2008 ho scelto di dedicarmi interamente alla fotografia e nonostante affronti periodi piuttosto difficili, ritengo sia una delle poche cose (poiché necessaria) alle quali non potrei mai rinunciare. Adoro guardare, osservare e perdermi, soprattutto rimanendo fermo in un luogo.
Non so identificarmi in una categoria fotografica di genere, specifica, poiché tante cose che abbiamo intorno sono meritevoli di essere fotografate e a me piace farlo se e quando ne sento il bisogno, senza pormi limiti di soggetti o categorizzazioni a priori. La fotografia è anche una forma di libertà.
Certamente non mi reputo un buon ritrattista e non pratico mai la fotografia in studio.
L.M. Mi chiamo Luca, ho ventotto anni e sono laureato in architettura. Vivo e lavoro in Abruzzo.
Nel 2010 la fotografia diventa per me una necessità. Quando fotografo, mi predispongo per un incontro; la macchina fotografica mi permette di sentirmi nel luogo dove desideravo soffermarmi e mi aiuta a comprenderlo. Un incontro dove dimentico me stesso e sono assente.
Perché avete scelto la fotografia analogica?
I.P. Per quanto mi riguarda perché ho sempre fotografato principalmente utilizzando la pellicola e sono cresciuto con la visione delle fotografie tradizionali. Posso dirti anche che ne faccio un discorso etico: la fotografia nasce attraverso la concatenazione di processi che si basano sulla fisica e sulla chimica e credo che il digitale (che non reputo come alternativa ma come possibilità che viaggia in parallelo alla fotografia tradizionale) non riuscirà mai ad avere la matericità propria di queste due componenti, decisamente più inerenti e rispondenti con quello che solitamente si trova davanti all’obbiettivo: la natura, gli esseri umani ed i loro derivati sono fatti di chimica e di fisica.
Per me una fotografia è materia e pertanto mi piace che sia registrata e bloccata su di un supporto chimico e materiale; e poi non è straordinario, che in qualche modo, si possa fermare il tempo e materializzarlo? Che poi forse è l’unico vero (ho scritto vero e non reale… eh eh eh) presente che esista, inteso proprio in termini temporali. La pellicola registra e risponde alla luce in maniera più fedele all’occhio umano se paragonata al digitale, e questo per chi lavora con il colore ha delle valenze fondamentali. (parlo naturalmente del colore in quanto è l’unico linguaggio che mi sento di poter praticare).
L.M. La fotografia analogica mi permette di dimenticare; mi concede di vivere quel distacco temporale, tra lo scatto e la visione dell’immagine sviluppata, facendomi sedere al posto dello spettatore, nella posizione di chi non è a conoscenza del referente percepito inizialmente dalla macchina. Così finalmente, riesco a osservare, quello che avevo studiato inizialmente e cercato di restituire matericamente.
Parlateci del vostro progetto “OBLIVIUM”.
Oblivium è un progetto senza progetto (eh eh eh), nel senso che non è stato pensato a tavolino.
Un giorno, durante uno dei tanti vagare, siamo finiti in un luogo strano, insolito, abusivo, bizzarro, grottesco ed inquietante al tempo stesso e poiché ci piace guardare e fotografare il paesaggio (con tutte le considerazioni che ne possono derivare) ci è venuta voglia di lavorarci. Sembrava di essere sul set decadente di qualche produzione cinematografica americana, tutto era fermo nel tempo e terribilmente alienato ed alienante. Da questo luogo di montagna abbiamo seguito il naturale percorso di salita verso la vetta incontrando situazioni diverse e a tratti allucinanti, e man mano che salivamo ci rendevamo conto che la storia stava nascendo da se. Oblivium è un altro di quei lavori realizzato sul sottile filo sospeso tra realtà e finzione. È certamente un libro che parla del paesaggio e cerca di raccontarlo e riportarlo nella maniera più oggettiva possibile, poi ci siamo divertiti a immaginare ed inserire anche altri aspetti legati alla vita e ad alcuni valori smarriti. Alla fine, abbiamo deciso che ci sembrava interessante confezionare il tutto in un libro self-made, che fortunatamente ci ha dato anche diverse soddisfazioni.
Quali sono le vostre macchine fotografiche e quali pellicole utilizzate?
I.P. Ho una Mamiya 7II ed utilizzo esclusivamente negativi colore delle principali sensibilità, 160 e 400 iso, pellicole neutre e prive di saturazioni eccessive. Ho sempre utilizzato Kodak, hanno una resa che mi piace molto e sono pellicole fedeli (a me stesso). Ho avuto una Leica M6 con la quale ho fatto anche lavori per committenti molto importanti ma il 35mm è un formato che non amo particolarmente.
L.M. Ho una Mamiya 6 MF e utilizzo quasi esclusivamente pellicole Kodak Portra.
Un fotografo preferito?
I.P. Luca Marianaccio!
L.M. Iacopo Pasqui!
La fotografia che vi piacerebbe fare.
I.P. Una fotografia del pianeta terra dallo spazio, fondamentalmente per due motivi: il primo è per ricordarci quanto siamo piccoli ed insignificanti davanti alla natura; il secondo, è perché credo sia la fotografia che meglio sintetizzi e racchiuda al suo interno tutte le fotografie scattate nel passato, nel presente e nel futuro. È essenziale.
L.M. Di notte, in un parcheggio non finito, a pochi passi dai miei occhi, inerme, un elefante alto circa quattro metri mi sta fissando.
Dietro di lui, in fondo a destra, lo scheletro in cemento armato di una villa bifamiliare progettata da un anonimo geometra. Sulla villa, ferma, la bandiera italiana. A un tratto, una nuvola di vapore fuoriesce dalla proboscide dell’elefante rendendo l’atmosfera perfetta. Tremante, riesco ad aprire il treppiedi e cerco la giusta inquadratura. Sono lì, con la sola e ultima dodicesima posa, ed è tutto magicamente perfetto. Spingo lo scatto, respiro, mi godo l’attimo. All’improvviso, dopo pochi secondi sento un clack. Ahimé, durante la lunga (breve) posa, si è rotto lo scatto flessibile.
Giuro che era perfetta. Le foto migliori sono quelle che non realizziamo.
Prossimo progetto?
I.P. Andrò sulla luna.
L.M. Aprirò un centro massaggi.
Sito web
www.iacopopasqui.it
www.lucamarianaccio.it
Oblivium Book
Email
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