Ciao Ilaria, parlaci un po’ di te.
Ciao a tutti, mi chiamo Ilaria, studio fotografia come Linguaggio d’Arte all’Accademia di Belle Arti di Napoli, sono autoritrattista, scrivo poesie e il mio sogno è far emozionare. Sopraffare d’emozioni chi guarda i miei scatti, suscitando in loro turbamenti, commozioni e leggiadra poesia.
Perché hai scelto la fotografia analogica?
Per anni i miei progetti artistici sono stati scattati in digitale, in questo periodo però sto vivendo l’effetto che suscita una camera oscura: la magia di creare qualcosa dal nulla rende quella stessa cosa essenziale, vitale. Come una cosa che piano cresce fra le proprie mani e lì ci resta, per sempre. Non ho abbandonato il digitale, ma sicuramente l’analogico ha quel tocco d’antico che mi appartiene e con il quale riesco ad essere me stessa e ad esprimere al meglio il mio stato emotivo attraverso le varie sperimentazioni.
Parlaci della tua serie “Un tempo lontano. Così vicino.”.
“Un tempo lontano. Così vicino.”. È un progetto composto da 7 fotografie analogiche a colori; una sequenza che descrive l’atto di un’attesa, un tempo incerto che ha la consapevolezza di passare, giorno per giorno, stagione dopo stagione, un eterno rinnovarsi che non muta nulla, se non l’anima fragile dell’artista (la mia) la quale compare sotto forma di metafore (oggetti revocanti un consumarsi di corpi, di anime, o di quel che ne resta di essi). Una concezione esistenziale, che cerca sempre una via d’uscita, una fuga, una luce delicata che piano la riscaldi. In questa composizione fotografica è presente un gioco di ruoli che si ripete: il corpo e la sua assenza.
In un primo momento il corpo è presente, poi scompare ma non del tutto, perché qui ogni scatto è un autoritratto, anche dove il corpo non è raffigurato in quanto “corpo presente” ma appare come “corpo idilliaco”. Per concludere, questo progetto fotografico può essere definito come un poema struggente di un poeta che non sa bene dove abbia posto la sua speranza, ma che invano aspetta ancora di trovarla.
Quali sono le tue macchine fotografiche e che pellicole utilizzi?
La mia cara compagna d’emozioni è la Yashica FX-3 Super 2000 che spesso uso con un’ottica di 50mm e con svariate pellicole, dal colore al bianco e nero, dalla Kodak a Ilford passando per quelle scadute.
La fotografia che ti piacerebbe fare.
Bella domanda. Potrei starmene qui ore ed ore a pensare ad un luogo, un vestito da indossare, una tematica da svolgere, un problema da risolvere; capire se togliere o meno le scarpe, se legare o lasciar cadere i capelli sulla pelle, se scegliere me o un fiore di campo come soggetto, o meglio se scattare in un giorno di primavera o in uno d’inverno. Me ne starei per ore a pormi queste futili domande e forse non ne troverei alcuna risposta valida. Perché infondo la fotografia che mi piacerebbe scattare è una di quelle da leggere come fosse una poesia; una poesia diversa per ogni lettore, una poesia che parli d’amore, che silente tocchi il cuore con delicatezza e che lì ci rimanga, per un lungo tempo.
Hai un fotografo preferito?
Rispondo da autoritrattista intimista: Francesca Woodman, in lei rivedo le mie stesse debolezze e la sua è una delicatezza suprema che amo e che ogni volta mi pervade pancia e stomaco. Senza nulla togliere a Luigi Ghirri e Ralph Eugene Meatyard.
Prossima serie?
Ci sto lavorando e non ad una soltanto, ma ne parlerò quando saranno terminate e quando avranno un profumo tutto loro. Nel frattempo posso anticiparvi che saranno piene di fiori da sbocciare, di sogni, poesia e tanto amore da parte mia nel crearle per voi.
Sito web: instagram.com/Ilaria_feoli
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