Dal nostro ultimo appuntamento con Milano qualcosa è cambiato.
Giorni fa, infatti, in città c’era un non so che di anomalo nell’aria.
I pullman, fermi in Foro Bonaparte, erano molti più del solito e stranamente carichi di persone.
Una giovane donna avvinghiata al suo ragazzo si scaccolava con nonchalance, i numerosi venditori ambulanti di colore, che animano quotidianamente Piazza Duomo, avevano fatto comunella e sembravano disinteressarsi completamente dei loro mancati guadagni.
Le caldarroste, un po’ troppo fuori stagione, cuocevano sulla brace dei carretti appostati su Corso Vittorio Emanuele.
Un po’ stranito e accaldato, data la “tipica” e tiepida giornata invernale milanese, arrivo allo Spazio Oberdan.
L’ultima volta qui non si poteva stare tanta era la gente, ma allora c’era Doisneau, l’altro giorno ad accogliermi c’era invece Izis Bidermanas (1911-1980).
L’artista, lituano di nascita ma di origini ebree, resterà misconosciuto a lungo ma, come si sa, questo non è sinonimo di mancanza di qualità.
Notevole è infatti il suo lavoro sulla città di Parigi, il cui attuale sindaco Bertrand Delanoë dedica ad inizio mostra una intensa introduzione, definendolo un umanista che, coi suoi scatti, è ed è stato in grado di far sognare ma anche di interrogare sulla condizione umana dei soggetti ritratti.
Parigi. Izis, già nel 1930, si trasferisce in città, ma sarà costretto a lasciarla un decennio dopo a causa delle persecuzioni naziste.
Ci ritornerà nel 1945, a guerra finita, e sarà da qui in poi che avverrà il vero e proprio decollo professionale e l’inizio della sua lunga storia d’amore con la capitale francese.
La sua Parigi è sognante, sbarazzina. È il ritratto di una città che vuole scrollarsi di dosso l’enorme fardello lasciato dalla seconda guerra mondiale.
Certo, in molti scatti i segni del conflitto sono palesemente sotto gli occhi dello spettatore, ma a regnare è sempre quell’immenso spirito libero intriso di positività e voglia di ripartire.
D’altra parte la Ville Lumière lo ha accolto come solo una città del suo calibro sa fare e lui, dopo aver chiesto asilo politico, ha restituito il favore egregiamente.
Qualche anno dopo, siamo nel 1952, prosegue a Londra la collaborazione con Jacques Prévert iniziata l’anno precedente.
Il lavoro che ne deriverà, Charmes de Londres, farà sì che le parole di Prevért accentuino la lettura poetica e politica delle immagini di Izis.
Londra questa volta viene ritratta in modo diretto e freddo, senza mascherare la realtà e mostrando quindi le ferite lasciate in eredità dalla guerra.
A questo punto la mostra si sposta al piano superiore e qui cambia la struttura dell’esposizione.
A farla da padrona sono spazi più ristretti, in modo tale da evitare cali di attenzione, questo merito anche del diverso colore di intonaco nella stanza centrale.
I ritratti, la collaborazione con Marc Chagall, l’enorme lavoro sui circensi e il racconto della sua terra d’origine – Israele – sono le quattro tematiche affrontate al piano di sopra.
In particolare nell’ultima tematica, Sogni di Terra Promessa, Izis racconta per la prima volta il suo Paese e lo fa con un’umanità disarmante, come se ci vivesse da sempre.
Il suo approccio, anche in questo caso, non si discosta dalla sua visione del mondo, gli scatti che produrrà negli anni a venire saranno infatti un connubio tra oggettivo e sognante, o meglio, rappresenteranno l’immagine del suo sogno di una Terra Promessa.
Uscito dallo Spazio Oberdan, il cielo pesto si stagliava sulla cappa di smog milanese ed entrambi sulla mia testa.
Tempo di fare qualche passo e subito mi si chiariscono le idee: Milano con le sue anomalie mi preparava agli scatti di Izis Bidermanas.
La mostra, aperta al pubblico fino al 6 aprile, è la più grande retrospettiva a Lui dedicata, il mio consiglio, se siete di Milano o se passate per caso di qua, è di non perdervela per nessun motivo.
E sicuramente ora non potrete più dire “Non lo sapevo” .
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