È la volta di Michele Cabas aka Joe Galaxy.
Parlaci un po’ di te.
Mi trovo nel mezzo del cammin di nostra vita, e ho preso alla lettera il consiglio di Berengo Gardin. Fare lo speziere durante la settimana e fotografare nel weekend. Fotografare non è il mio day job, nè credo lo sarà mai, e penso che sia l’approccio corretto per mantenere il giusto distacco tra ciò che si vede e ciò che si sente, per poi tradurlo in termini comprensibili.
Perché hai scelto la fotografia analogica?
Per un semplice fatto fisico. La gelatina ha tridimensionalità, un sensore no. E poi perché ogni arte, fotografia compresa, necessita che l’attore si sporchi le mani. Sviluppo personalmente i negativi, anche il colore, e questo ti permette sperimentazioni impossibili e inaspettabili con un software.
In più puoi assaporare e goderti appieno l’attesa che ti separa dallo scatto allo sviluppo, qualunque risultato tu possa ottenere; a suo modo una gestazione che ti avvicina ed immedesima in quella visione della realtà che vuoi rivedere e condividere.
Cosa ti piace fotografare?
Non gli umani. Ma ciò che la loro interazione con l’ambiente crea e nel contempo distrugge. Dove troviamo una colata di cemento non troveremo più un prato. E’ S. Sebastiano trafitto da innumerevoli dardi che mi appare da un parcheggio illuminato a giorno da una selva di lampioni. La natura ci ha creato e può in qualsiasi momento riprenderci. Dobbiamo documentarlo, per ricordarlo.
Quali sono le tue macchine fotografiche?
Prediligo le compatte. Sono poco invasive e i risultati sono sempre eccellenti. Contax T2, Minox 35, Ricoh GR1, Olympus XA e Mju 1 si alternano nella tasca del giubbotto. E non dimentico mai un piccolo treppiede.
La fotografia che ti piacerebbe fare.
La sto facendo. Non provo nessun interesse per altri tipi di fotografia, come ad esempio il ritratto o il reportage, forse è un limite, ma facciamo ciò che ci appaga. E’ un’affinità reciproca, e la coltivo.
Hai un fotografo preferito?
Potrei dire di sì e nominare Robert Adams e Daido Moriyama. Però sarebbe giusto dire che tutti sono menzionabili. In fotografia non si inventa nulla di nuovo, cicli vichiani improntati a nuove rielaborazioni la percorrono. Guardiamo sempre avanti, facendo tesoro dell’esperienza dei grandi maestri del passato.
Una bella foto deve…
Indurti a pensare. Per questo la foto perfetta è quella con un senso di incompletezza. Sei tu che devi aggiungere il tassello che manca al puzzle. E puoi farlo solo in un modo, soffermandoti su di essa senza usare gli occhi.
Sito web: flickr/JoeGalassia
Email: [email protected]
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Ho scoperto ora con dispiacere che questo fotografo ha perso la vita in un incidente in moto nel 2020, rip