“Quello che mi interessa enormemente è la formidabile capacità che la materia fotosensibile ha nel manomettere e immaginare, quasi sempre drammaticamente, ogni cosa tocchi”.
Il 24 settembre sono stata all’inaugurazione della personale di Paolo Gioli, invitata dall’amico Davide Macchia, che collabora con la bellissima (a dir poco) Galleria del Cembalo, in pieno centro a Roma, un luogo fantastico!
Sembrava di rivivere la dolce vita, solo che io ero vestita in modo tremendo e completamente bagnata, per colpa dell’acquazzone che ho beccato in pieno nel tragitto verso la galleria.
Appena arrivata però ho sgranato gli occhi: ad aspettarmi, in una cornice elegantissima, oltre ottanta lavori originali dell’artista italiano che nella sua opera fonde i tre universi visivi di fotografia, cinema e pittura.
E’ la prima mostra a Roma su Paolo Gioli, dopo quella organizzata al Palazzo delle Esposizioni nel 1996, che si pone l’obiettivo di unire i tre universi visivi.
Le opere pittoriche e i film, assieme alle serie fotografiche “Sconosciuti”, “Toraci”, “Vessazioni”, “Luminescenti”, “Volti attraverso”, trattano la fisicità nelle sue infinite declinazioni, mostrando una profonda riflessione dell’artista sull’animo umano, la sua espressività, la malinconia che gli è connaturata.
Ciò che stupisce è poi la grandissima padronanza della tecnica fotografica.
Gioli lavora in analogico, soprattutto con pellicole polaroid di grande formato che “maltratta”, con incursioni di luce e pittura, strappi e sovrapposizioni. Autocostruisce le sue macchine fotografiche per ottenere effetti speciali, come nel caso del pugno stenopeico del 1986, come le stampe a contatto rovesciate, riflesse, di sconosciuti che si muovono, si dissolvono, spariscono o riaffiorano dal verso riflesso della gelatina d’argento.
La camera oscura è il luogo in cui Gioli realizza le sue alchimie fantasiose, il luogo in cui si materializzano le percezioni, su carta, seta, acrilico.
Tutto ciò racconta l’assoluta originalità dei processi utilizzati, un segreto di bottega che impone una rigorosa disciplina d’artista alla libertà assoluta dell’azione creativa, dando vita a infinite possibilità di espressione.
Feticcio d’elezione di Gioli è la Polaroid, tanto amata perchè “carnale”, in quanto, a suo dire, “si trasferisce come lo strato di un affresco. L’immagine, staccata dai propri reagenti, dal suo negativo come una pelle dalla carne viva, perde lo smalto-fissatore-protettivo che viene assorbito dalla trama della tela o dallo spessore della carta. Mi piace questo trasferire su materie così nobili, antichissime, una materia che è il trionfo del consumo immediato, della pornografia e del ricordo familiare. Tra il momento in cui si stacca e quello in cui va a depositarsi, io posso benissimo intromettermi come un parassita creativo”.
La mostra è accompagnata dal libro “Abuses. Il corpo delle immagini” edito da Peliti Associati ed è visitabile fino al 14 novembre.
L’ingresso è gratuito, il posto è meraviglioso e gli orari sono i seguenti:
mercoledì, giovedì e venerdì: 17.00 – 19.30
sabato: 10.30 – 13.00 e 16.00 – 19.30
Che dire più, non vi resta che andare a visitarla.
Ah, un mio personale consiglio: vestitevi bene perchè l’ambiente è davvero molto elegante, come potete notare dalle foto di quella sera, scattate da Domenico d’Alessandro, che era insieme a me.
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