Il primo Focus on di questo 2013 vede protagonista Marco Zink Art Barbareschi.
Parlaci un po’ di te.
Parlare di sé stessi è sempre un po’ difficile; mi definirei un artista anacronistico, appassionato di fotografia analogica e sperimentale.
Mi piace creare soprattutto manipolazioni fotografiche; interagire con le foto in modo più diretto ed artistico concretizzando tutta la mia creatività.
Perché hai scelto la fotografia analogica?
La prima macchina fotografia che mi accompagnò nel mio cammino è stata una Voigtländer Vito C di mia madre trovata in un cassetto da bambino.
Per molti anni fu l’unica macchina fotografica esistente al mondo per me, poi si può dire che, come tutti, ho attraversato l’adolescenza nella quale facciamo stupidaggini e sono passato al digitale.
Ma i pregi e le comodità del digitale non possono essere paragonate alla bellezza e al calore di una vera macchina fotografica completamente meccanica.
È un prendersi cura a vicenda, un continuo imparare dai propri errori per crescere.
È un approccio più artistico e passionale. In ogni pellicola e manipolazione riponiamo speranze, colpi di genio a istinto, le sensazioni di attesa e di incertezza con le sorprese finali belle o meno belle ma che comunque ci fanno migliorare scatto dopo scatto.
Cosa ti piace fotografare?
Ogni sfaccettatura della Vita. Mi faccio guidare dall’istinto e dalle emozioni del momento.
Ciò che mi da più soddisfazione sono inoltre le manipolazioni fotografiche fatte in analogico.
Manipolazioni tramite vari tipi di Polaroid; con pellicole 600, con le pack serie 100 a strappo e con le nuove Zink Paper che rappresentano le manipolazioni principali più artistiche e riuscite.
Queste manipolazioni sono realizzate mediante l’ausilio della tecnologia ZINK (Zero-Ink), commercializzata da Polaroid: la foto viene stampata su una carta speciale composta non da inchiostro ma da micro cristalli che, tramite un processo termico, creano il colore.
La carta risulta quindi sensibile al calore e a prodotti di vario genere che uso per creare effetti particolari tramite manipolazione, a mano appunto; rendendo la foto finale un pezzo unico ed irripetibile come un quadro.
Il tutto totalmente a mano senza l’uso di programmi di elaborazioni di immagini; in quanto le foto di partenza sono ottenute con macchine fotografiche a pellicola, poi scansionate per essere “lette” dalla stampante Polaroid ed infine, come detto, modificate manualmente in molti modi creativi.
Tutto questo, ovviamente in controtendenza col mondo della fotografia digitale e dei programmi di post-produzione, mostra la bellezza della “riscoperta” della fotografia analogica e creativa; come quando negli anni ‘30 si manipolavano le fotografie in bianco e nero colorandole a mano.
Quali sono le tue macchine fotografiche?
La prima bellissima Voigtländer Vito C!
Poi una Voigtländer Bessa 6×9 (1930), Polaroid Impulse AF, Polaroid Colorpack II, Fujica STX-2, Agfamatic Pocket 2008 Tele.
Ed ultima ma non ultima la Polaroid Zink Printer; l’anello di congiunzione tra analogico e digitale che permette la creazione dei miei esperimenti artistici più belli.
La fotografia che ti piacerebbe fare.
Mi piacerebbe continuare a sperimentare il più possibile il mio estro creativo.
Le manipolazioni fotografiche insegnano che una foto non racconta solo la storia dell’istante che imprime, ma ha infinite sfumature nascoste e tutte da scoprire.
Hai un fotografo preferito?
Sono un po’ “intollerante” alle ammirazioni verso i “nomi illustri”.
Sono degni di rispetto e si può imparare molto da ognuno di essi ovviamente; ma trovo che siano altrettanto degni di rispetto e si possa imparare molto anche da fotografi, artisti e persone con nomi meno altisonanti.
Ogni foto può emozionarci e trasmetterci qualcosa.
Una bella foto deve…
Trasmettere un’emozione: l’emozione di continuare a vivere la vita.
Deve far capire che la nostra esistenza può essere bella e ricca con milioni di sfaccettature diverse.
Sito web: barbareschimarco.wix.com/photomanipulation
Email: [email protected]
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