Teatro d’Italia di Massimo Siragusa è come uno di quei film che per capirlo devi guardarlo più d’una volta e per questo motivo so già che molti non apprezzeranno.
Devo ammettere che questo lavoro non è per niente di facile lettura, sono molti i passaggi dei quali mi piacerebbe avere spiegazioni direttamente dall’Autore, ma tant’è.
Inoltre, la prefazione di Luca Doninelli aiuta senza ombra di dubbio a chiarire le idee, ma rimane comunque la prefazione di Luca Doninelli.
In ogni caso, Teatro d’Italia, tocca molte città e province italiane, l’intento non è quello di ritrarre paesaggi, scorci; non è un repertorio sull’architettura, né tantomeno un repertorio antropologico senza figure umane. Non si tratta neanche di “ritratti di luoghi”.
Siragusa ci mostra un’Italia che è teatro.
Un teatro che svolge nello spazio la funzione di richiamo alla memoria: non popola lo spazio, rievoca l’evento, o gli eventi dai quali lo spazio nasce come spazio.
Queste immagini risultano infatti adatte ad azioni teatrali, non ce le si può immaginare popolate di vita quotidiana, ma ri-popolate da diverse performances.
È come se l’artista ripopolasse le piazze, come se mettesse in scena non gente di oggi che compie gesti di oggi, bensì persone che, inconsapevolmente, rivestono i panni dei loro antenati.
Quindi l’Italia di Siragusa è terra di teatri, terra di eventi che, nella forza del loro stesso accadere, si sono scavati lo spazio della propria rappresentazione.
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