È la volta di Matteo Varsi e del suo progetto “Maredimezzo”.
Parlaci un po’ di te.
La fotografia è sempre stata presente nella mia vita fin da piccolo quando ai compleanni osservavo con meraviglia le polaroid scattate da mio padre. Aspettavo con trepidazione il formarsi dell’immagine ancora latente ma col passare dei minuti sempre più nitida e reale. Questi i primi ricordi legati al mondo della fotografia istantanea.
Con gli anni ho coltivato questa passione così come l’amore per la fotografia analogica, la stampa manuale e la camera oscura. Ho cercato di fondere passione e lavoro, da circa 20 anni faccio fotografia di matrimoni con la mia Leica m6 del tutto analogica.
Perché hai scelto la fotografia analogica?
Ho imparato con la fotografia analogica e non credo di poterne fare a meno, probabilmente è lei che ha scelto me e non il contrario. Quando scatto mi piace avere il controllo quasi totale di ciò che voglio fotografare o rappresentare. L’idea che ci siano degli automatismi non mi da piena soddisfazione. Il discorso poi continua con lo sviluppo e la stampa fino ad arrivare all’editing. È un cerchio che apro e che preferibilmente vorrei chiudere io stesso senza l’intervento di altri.
Parlaci del tuo progetto “Maredimezzo”.
Da qualche anno sono tornato a vivere nel mio paese natale Levanto in Liguria. Qui ho cercato di tradurre il mio amore per la natura e l’ambiente che mi circonda in una corpus fotografico dal titolo Maredimezzo. Il mare è l’elemento che più mi attrae e affascina. Osservare quella lingua di sabbia costretta dai monti da una parte e lambita dalle onde dall’altra, scrutare quel confine tra il nostro mondo e quello sommerso. Un’indagine sicuramente estetica ma che trae spunto dal perenne dualismo tra conscio ed inconscio. Tra ciò che vediamo e ciò che non ci è permesso vedere, tra ciò che è a noi noto e ciò che ancora non conosciamo.
Quali sono le tue macchine fotografiche e che pellicole utilizzi?
Nel caso di “Maredimezzo” ho utilizzato il foro stenopeico e pellicole a strappo Polaroid 664 e 665. Mi sembrava la maniera più spontanea e naturale di approcciarmi ad un soggetto altrettanto naturale come il mare. Più in generale utilizzo 2 o 3 tipi di Colorpack, un paio di sx70 , diversi modelli di Brownie, la Holga e la Leica m6. Parlando di pellicole, non ne ho una di riferimento. Credo che ogni serie, ogni progetto abbia il suo vestito da indossare. Il fatto che molto spesso utilizzo materiale scaduto mi aiuta nel realizzare e confezionare ciò che ho in mente.
Hai un fotografo preferito?
Amo la fotografia, dalla camera work ai giorni nostri, trovo sempre interessante il punto di vista dell’altro, attraverso gli anni e i generi. Parlando di Polaroid credo di avere un debole per l’immaginario fantastico di Sarah Moon.
La fotografia che ti piacerebbe fare.
La fotografia che mi piacerebbe fare già la faccio, o meglio, credo di aver continuamente bisogno di scattare e soprattutto di immaginare lo scatto che farò domani.
Prossimo progetto?
Alcuni miei progetti hanno vita in pochi minuti, altri nascono e rimangono lì del tempo prima di trovare una loro collocazione ed una loro autonomia. In questo momento ho diversi progetti aperti riguardanti l’uomo e i segreti vincoli che lo legano alla natura.
Sito web: matteovarsi.com | exibart.com
Email: [email protected]
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