Ecco qui il primo articolo di “quello nuovo”, Nicolò.
Iniziare a scrivere non è mai semplice, tantomeno in questa situazione.
Veniamo a noi.
Venerdì 10 gennaio, si respira aria di Milano, il cielo è coperto.
Era da parecchio tempo che non andavo a Milano da solo e questa cosa mi eccita.
Scendo dal treno e subito dopo aver fatto una manciata di passi sono pervaso dalla classica sensazione che si prova camminando per una città così, i sensi si risvegliano.
Prima un pullman, fermo al capolinea, mi dà il benvenuto assalendomi col suo tipico odore di sedile.
Scorgo poi una vigilessa in bici che, piuttosto goffamente, si fa spazio tra la folla; due ragazzi invece amoreggiano bevendo vino all’interno di un tendone di uno dei tanti bar all’aperto.
Poi su via Dante sono pronto a tuffarmi nella nuvola di olio fritto del baracchino di patatine, frittelle e dolciumi.
Proseguo deciso sulla mia strada quando un’orientale mi viene addosso e non posso non notare la sua enorme cover di silicone marrone a forma di orso, con tanto di grosse orecchie.
Giunto alle tanto famose colonne di San Lorenzo è arrivato il momento della pausa-polaroid, mi siedo sul colonnato, scruto la facciata dell’enorme Basilica e tac!, scatto. Rimetto tutto nello zaino e riparto.
Sorpassata Porta Ticinese mi accorgo di avere la mano sinistra completamente gelata, probabilmente dalla stazione non l’ho mai messa in tasca, sarà l’emozione dovuta al posto che sto per visitare che, forse, chi è di Milano avrà capito.
Ma proseguo ancora, non la prima ma la seconda a sinistra e sono arrivato.
Destinazione Spazio Forma. La mostra, “Una passione fotografica”, sarà aperta fino a domenica 12 gennaio e con essa si chiude l’enorme esperienza espositiva della Fondazione.
Con questo ultimo evento si è voluto riproporre brevemente tutto ciò che, per otto anni, lo Spazio ha donato al mondo della fotografia.
Tra i nomi più illustri troviamo: Elliott Erwitt, Martin Parr, Henri Cartier-Bresson, Nino Migliori, Robert Capa, Richard Avedon, Gianni Berengo Gardin, Mario Giacomelli, Martin Schoeller, Mimmo Jodice e molti altri che sicuramente ho dimenticato.
Non sto neanche qui a disquisire sulla qualità delle fotografie, dati i personaggi, né tantomeno sulla mostra, allestita e organizzata come sempre in modo impeccabile.
C’è molta amarezza subito dopo essere uscito da qui.
Certo, so che la Fondazione rimarrà in vita e continuerà, in maniera meno frequente, ad organizzare mostre in città, ma so anche che in questi anni di frequentazione si era creato un legame particolare che difficilmente rivivrò da qualche altra parte.
La città di Milano, in un panorama scarno e spoglio come quello attuale, risentirà moltissimo di questa grave perdita e allo stesso modo tutti i fotoamatori e non, che vi ruotavano attorno.
Un doveroso grazie da parte mia a tutti quelli che si sono sbattuti dal 2005 sino ad oggi e che hanno permesso di soddisfare la mia enorme sete di fotografie d’Autore.
Grazie.
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